AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE: LA NORMALIZZAZIONE DEL LAVORO PRECARIO

AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE: LA NORMALIZZAZIONE DEL LAVORO PRECARIO

A cura del Dipartimento Lavoro FGCI

In una realtà generale lavorativa per lo più colma di timori, dubbi, ingiustizie, di estrema insicurezza; in cui è bene, ricordarlo sempre, perdono la vita in media è bene ripeterlo sempre dai 3 ai 4 lavoratori e lavoratrici al giorno, la FGCI si propone di analizzare le due principali forme di approccio al mondo del lavoro di cui la quasi totalità del popolo italiano deve usufruire per potervi accedere, ovvero: i CPI (centri per l’impiego) e le APL ( agenzie per il lavoro o agenzie di somministrazione).

Recentemente abbiamo pubblicato un articolo che andava appunto ad analizzare la situazione dei CPI (potete recuperarlo nella pagina ufficiale della FGCI o sul sito https://www.lafgci.it/)
ed il loro impatto nel mondo del lavoro, che al contrario delle agenzie di somministrazione, (in seguito vedremo perché) favoriscono un approccio più sano che garantisce un minimo di dignità a chi cerca lavoro ( oltre che dei vantaggi anche per le aziende).

Per cui abbiamo ritenuto opportuno andare ad analizzare quella che è l’altra faccia della medaglia, ovvero, l’agenzia di somministrazione:

Le agenzie di somministrazione, ex agenzie interinali (cambiate di nome ma non di fatto), sono realtà private che operano nel mercato del lavoro somministrando lavoratori all’impresa utilizzatrice iscritta. Il rapporto su cui si basano è trilaterale e i tre lati del triangolo sono composti dall’agenzia per il lavoro, dall’impresa utilizzatrice e dalla lavoratrice o dal lavoratore. Due sono i contratti che possono essere stipulati: il primo è di somministrazione e avviene tra l’agenzia (somministratore) e l’azienda che ha richiesto il suo servizio (utilizzatore).

Il secondo è quello tra la lavoratrice o il lavoratore e l’agenzia interinale (somministratore) che sarà a tutti gli effetti il datore di lavoro.
Quando è l’agenzia interinale ad assumere stabilmente si ha a che fare con la formula dello staff leasing che consiste nella somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, il suo uso ha un limite quantitativo fissato al 20% della forza lavoro a tempo indeterminato assunta dal datore di lavoro utilizzatore. Per quanto riguarda invece la presenza in un’azienda di lavoratrici e lavoratori somministrati a tempo determinato, la soglia massima è fissata al 30% rispetto al numero di manodopera a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore. Inoltre, il periodo di lavoro svolto da dipendenti con contratto di somministrazione a tempo determinato presso lo stesso utilizzatore non può superare i 24 mesi, oltre i quali il contratto si dovrebbe trasformare a tempo indeterminato.

In una realtà cosi frastagliata e suddivisa anche per i sindacati è complesso riuscire a definire il numero preciso di lavoratori e lavoratrici con contratti di somministrazione e, sebbene le aziende siano tenute a indicare i dipendenti fissi e coloro i quali sono invece in possesso di un contratto attraverso agenzie interinali, il dato esatto di questi ultimi sfugge facilmente.

Alcune lavoratrici e lavoratori somministrati sono assunti per un solo giorno, altri per una settimana, altri ancora per mesi…non vi è alcuna garanzia e la situazione tende solo a peggiorare. In questo modo la cifra fluttua con rapidità non mantenendosi omogenea e l’unico punto di riferimento rimane il divieto che la somministrazione ecceda il 30% o il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato. Ma chi effettivamente verifica tutto ciò, se da una parte abbiamo lavoratori e lavoratrici sfruttati/e impossibilitati ad agire e dall’altra chi si accorda proprio per far sì che tutto ciò accada?

In ogni caso l’esempio della vicenda Amazon – accusata nel 2017 di aver soverchiato le soglie di somministrati ma vincitrice in giudizio per prescrizione dei termini – ci insegna però che se superi la soglia e sei una multinazionale con enormi interessi in tutto il mondo non paghi alcuna conseguenza.

La precarizzazione del lavoro e della vita è un tratto che contraddistingue il capitalismo globale che corre costantemente verso un nuovo progresso, un maggiore profitto e un’assoluta flessibilità che aumenta a dismisura il margine di sfruttamento nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici.

La precarietà possiamo dunque affermare che è frutto di una volontà politica che si inserisce in un controllo basato su uno stato permanente di insicurezza che porta a una sempre maggiore accettazione dello sfruttamento e della sottomissione in maniera quasi consenziente, d’altra parte senza una buona preparazione collettiva e soprattutto la volontà, non si può fare altrimenti.

Utilizzando un’espressione del sociologo Pierre Bourdieu, il precariato può portare alla “miseria di posizione”, cioè quella miseria che si differenzia dalla povertà, ma che si radica in uno spazio fisico e sociale umiliante, che indebolisce le relazioni sociali, che degrada il modo in cui le persone pensano a sé stesse, che influenza negativamente le possibilità di vita che si hanno a disposizione e che restituisce disillusione e senso di impotenza.

Ebbene, non vi è esempio più palese di precarietà delle agenzie di somministrazione, studiate a tavolino proprio per rendere possibile questo scopo e per farlo perdurare nel tempo.

La FGCI si schiera totalmente a sostegno di chi, sfruttato fino all’osso da questo sistema che non punta ad altro se non a massimizzare i profitti attraverso questa logica malsana, vuole porre un freno a tutto ciò, perchè è chiaro che arrivati e arrivate a questo punto, analizzando la situazione nazionale ed internazionale la situazione non può fare altro che peggiorare.

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