LA PREDA

LA PREDA

(discorso ai predatori)

(prendere coscienza)

G.L.
Sai cosa ti dico?

Che noi abbiamo pensato, e da troppo tempo, di essere intoccabili. Noi, che viviamo nella parte fortunata del mondo, quella che detta le leggi, quella che controlla e manovra la ricchezza. Credevamo di essere noi i padroni che confidano in una crescita senza fine.

Ma non è proprio così, ti dico. Ce lo hanno fatto credere. L’hanno scritto nei libri, nei giornali. Hanno gridato dagli schermi della televisione “Ricco è bello e tu,” e ci sorridevano suadenti “proprio tu, puoi, anzi devi diventarlo a qualsiasi costo”. Il possesso del superfluo, l’ostentazione del lusso era il modello e non importava se la nostra ricchezza potesse significare miseria. Tanto, questa, sarebbe stata di altri. Questo ci hanno detto.

Noi che facciamo parte del mondo civile, quello più colto e sviluppato, proprio noi, fummo predatori. Ci sentimmo fieri di appartenere a una folla di privilegiati, lo credemmo anche se non lo capivamo. Ci siamo organizzati per invadere altri paesi, abbiamo scatenato la nostra forza per sottomettere popoli e rubare la loro ricchezza. Abbiamo fomentato guerre contro “i popoli di fuori e i poveri di dentro”.

Abbiamo sfruttato le persone e l’ambiente.

Eravamo partecipi, anche se spesso volutamente ignari, della devastazione. E, anche se non conoscevamo il vero fine, abbiamo fatto tutto senza porci alcun dubbio con il nostro massimo consenso.

Il nostro compito era distruggere piuttosto che costruire, in maniera da diventare sempre più forti degli altri. Ci hanno convinto di essere i migliori e ci siamo arrogati il diritto di fare e disfare tutto ciò che ci veniva chiesto.

Siamo diventati spietati.

Sì, noi appartenevamo alla razza dei predatori e, contro le nostre prede, ci siamo accaniti come un flagello in ogni angolo della terra.

Noi eravamo la piaga.

Abbiamo confuso scientemente o meno la solidarietà con l’elemosina. La giustizia con il delitto. La coscienza con l’indifferenza. Il privilegio con il diritto. E abbiamo potuto farlo perché ci consideravamo gli “eletti” che potevano controllare tutto e tutti. Eravamo, a nostro dire, intoccabili.

Questo ci hanno fatto credere.

Poi, all’improvviso, siamo diventati, noi, le prede di predatori invisibili e privi di intelligenza (o per lo meno di quella che potevamo comprendere).

Sì, qualcuno l’aveva detto che sarebbe arrivato qualcosa del genere. La percepivamo, persino, nei piccoli refoli di vento, nell’aria cupa dei temporali, nei cieli velati e nei colori della primavera che si spegnevano in un imbrunire nebbioso. Negli odori che a poco a poco diventavano diversi, meno (come dire?) naturali.

Ma non pensammo che … potesse … succedere … proprio … a noi.
Eravamo diventati ciechi.

Altrimenti perché non ci siamo ricordati che, nei secoli, anche noi subimmo invasioni analoghe? Lo dovevamo sapere ma, in definitiva, avevamo aiutato il tempo a ridimensionare i ricordi e li avevamo voluti sciogliere in una memoria sempre più confusa.

Recentemente le orde nemiche erano apparse di nuovo. Le vedevamo in lontananza. Avevano invaso le parti più remote del mondo attaccando quelle che avevamo considerato nostre prede.

Così non ci siamo preoccupati di quello che sarebbe potuto accadere a noi. Non ci siamo preparati. Tanto stava succedendo agli altri. In zone remote.

Sì, veramente qualcuna delle nostre antiche prede lo aveva preannunciato che saremmo stati colpiti anche noi. Ma, cosa volete, potevamo forse credere a quello che ci dicevano quelle voci lontane, incivili e ignoranti? Ed è anche vero che qualcuno di noi ci aveva avvisato del pericolo, ma noi lo avevamo zittito accusandolo di essere poco moderno e di professare un pensiero che chiamavamo con disprezzo ideologico. Una brutta parola, un concetto vecchio, sconfitto dalla storia. Questo dicevamo.

Noi eravamo convinti di essere ancora i predatori. I vincitori che, per grazia divina, erano intoccabili e onnipotenti. E, poi, avremmo comunque trovato una soluzione. E l’avremmo tenuta per noi, solo per noi.

Così non ci siamo preparati e, improvvisamente, siamo diventati, noi, prede impaurite e incapaci di reagire. Abbiamo cominciato a pensare come risolvere la situazione. Come uscirne più o meno indenni. Abbiamo tentato di fare qualcosa, certo, ma con il disordine e l’improvvisazione di chi non aveva immaginato potesse mai accadere. Tanto meno a noi.

Così il caos ci travolse e provammo cosa significasse il terrore. Siamo stati presi da una paura atavica, vecchia di millenni. La stessa che avevamo imposto agli altri quando eravamo noi i predatori.

Adesso temiamo di perdere tutto il poco che quelli che ci spiegavano come bisognasse vivere, ci avevano concesso. E, ancora oggi, abbiamo paura che loro, pochi e potenti, possano perdere la loro ricchezza. Nel tempo ci avevano convinti che proprio la loro opulenza fosse l’unica forma degna di vita. Ci insegnarono che solo il più ricco può essere considerato migliore. Il capo di tutti.

Per questo, ci siamo sentiti orfani.

Adesso tutto si sta sgretolando. Tutto si è fermato. Non sappiamo come agire. Siamo indecisi. Ancora. Forse per poco?

Loro, i ricchi, insistono. Ci dicono di chiudere gli occhi, di non pensare, di far finta di niente. “Dovete continuare a lavorare per noi” affermano promettendoci qualcosa. Ma vogliono soltanto continuare a sfruttare persone e ambiente come se nulla fosse. E lo vogliono fare tramite nostro. Vogliono convincerci ancora che dobbiamo chinare la testa come abbiamo sempre fatto.

Ma noi, che stiamo imparando a guardare con i nostri occhi e, finalmente, con la nostra mente, vogliamo parlare ai veri predatori, senza più timore, direttamente.

(il discorso)

Ricomincerete a volerci far credere che se moriremo sarà per una causa superiore, la vostra sopravvivenza. Arriverete a dirci che è giusto così, che è naturale, logico. Scriverete che siamo troppi e che questa è una guerra e come tutte le guerre, noi che abbiamo creduto in voi e che desideriamo il vostro modo di vivere, sì proprio noi, dobbiamo sacrificarci. Lo dobbiamo fare per il futuro dei nostri figli che potranno partecipare alla corte dei vostri figli. E, così, potremo continuare a credere di essere anche noi tra i fortunati del mondo. E continueremo ad odiare quelli che sono miserabili come noi. Li odieremo per il solo fatto che ce li descriverete come diversi e selvaggi.”

Sappiate che questo predatore invisibile che ci sta invadendo, che ci ha reso fragili e che ci uccide, ci potrebbe anche far capire che vivere non significa lavorare solo per farvi arricchire. Che respirare non è un privilegio. Che l’elemosina non è solidarietà e che la prevaricazione non è né democrazia né, tanto meno, libertà.”

Sappiate, stiamo pensando e, forse, cominciamo anche a comprendere che noi, che ci credevamo predatori, siamo uguali alle nostre antiche prede. Ne abbiamo, ormai, coscienza e capiamo che, con loro, ci potremmo alleare. Dovremo farlo. E quando ci riusciremo, per voi, padroni del mondo, sarà la fine.”

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